28 giugno 2010

- Il mistero di Virgilio e i Libri Magici


Il poeta mantovano, considerato tra i maggiori letterati di tutti i tempi, a Napoli aveva trovato dei misteriosi manoscritti che gli diedero la fama di mago. Ma cosa erano i Libri Magici di Virgilio e cosa contenevano di così sbalorditivo? Nel 30 Virgilio si trasferì a Napoli, e fu proprio in questa città, sulla tranquilla e verde collina di Posillipo, che decise di stabilirsi per il resto della sua vita, preferendola alla sfarzosa Roma. Virgilio infatti non amava molto frequentare le feste e i luoghi pubblici, ma era un uomo piuttosto timido e riservato e non amava discorrere in pubblico: preferiva di gran lunga la natura e la tranquillità della sua amata collina e dei Campi Flegrei. Ed è qui che il grande poeta scrisse le Georgiche, un lavoro durato ben sette anni a causa del suo elevato senso di perfezionismo e minuziosità. Oltre a questo capolavoro ci furono anche le Bucoliche, che riscossero un enorme successo, e infine l'Eneide, scritto in undici anni ma mai più corretto perché il poeta morì prima che ciò avvenisse all'età di 52 anni:Virgilio decise di farlo in un viaggio in Grecia ed Asia Minore, ma a causa di un'insolazione si sentì male. Durante il viaggio di ritorno la sua salute peggiorò ed arrivato a Brindisi morì. Sapendo di non riuscire a portare a termine la sua opera,Virgilio chiese che non venisse mai pubblicata e che venisse bruciata, ma i suoi amici non ebbero il coraggio di farlo. Nei suoi anni trascorsi a Napoli, la fama di Virgilio come mago e protettore della città crebbe fino a farlo apparire come una divinità benefattrice: la tradizione vuole che oltre ad essere un medico taumaturgo, curando la gente con i suoi poteri magici avesse compiuto dei veri e propri prodigi per la città di Napoli e di tutto il territorio dei Campi Flegrei. Il folclore popolare ritiene che fu Virgilio a costruire un cavallo di metallo che aveva il potere di guarire con lo sguardo le ferite dei cavalieri e a posizionare due teste di marmo su entrambi i lati dell'odierna Porta Nolana, una con il volto triste e l'altra allegro e a coloro chi vi passavano sotto e guardavano una delle due teste, il destino donava loro auspici in base alla testa che aveva guardato. Ma non furono solo questi i prodigi compiuti dal mago poeta; a lui viene attribuita anche la disposizione di una caraffa contenente un uovo magico di struzzo nelle segrete del Castello dell'Ovo allo scopo di proteggere la città da disastri e sventure. Il Mago, dopo aver consacrato l'uovo magico, lo infilò in una caraffa con l'imboccatura più stretta dell'uovo stesso e la pose all'interno di una gabbia di metallo. Ancora a lui vengono attribuite la costruzione delle fogne, la costruzione delle cinta murarie della città, o di aver fabbricato una mosca d'oro o di bronzo secondo alcuni, allo scopo di purificare l'aria dagli insetti, oppure di una sanguisuga d'oro per purificare le acque infestate proprio da questi parassiti. Tante altre cose ancora secondo la tradizione Virgilio creò per Napoli, come piantare un orto di erbe medicamentose sul Monte Vergine, o un pesce di pietra che gettato in mare avrebbe favorito la pesca, o eliminato i serpenti dalle strade della città costruendo strade lastricate e inserendovi nelle pietre il suo sigillo e molto altro ancora. Grazie alle sue virtù terapeutiche, si racconta che Virgilio riuscì ad individuare nelle acque termali dei bagni di Baia, le diverse proprietà terapeutiche di ogni fonte. Esiste una zona detta "Bagni Virgiliani" dove si racconta che il poeta fece costruire vicino ad ogni fonte una statua e mise delle iscrizioni che indicavano il tipo di malattia da curare in ogni particolare acqua. Grazie a tutto questo la voce si diffuse tra il popolo, e la gente che andava a curarsi ai bagni termali dell'area Flegrea aumentò sempre di più, tanto da causare la rabbia e l'invidia della classe medica della allora Scuola di Salerno. Questo spinse un gruppo di furenti medici a recarsi ai bagni di Baia e a distruggere le statue e le iscrizioni che indicavano le varie fonti. Con questo ignobile gesto a farne le spese furono certamente i poveri cittadini malati che non riuscirono più a riconoscere le acque e a curarsi come dovevano. Purtroppo dopo questo atto tutto andò perduto e dimenticato, ma la tradizione popolare racconta che, forse per volere divino i medici furono puniti sulla via del ritorno. Si racconta che durante il viaggio di ritorno, la nave fu sorpresa da una spaventosa tempesta che la distrusse facendo annegare tutto l'equipaggio tranne uno che raccontò tutta la vicenda. Ritornando ai prodigi che compì Virgilio e alla città di Napoli, si ritiene che egli scavò in una sola notte con l'aiuto della magia la Grotta di Pozzuoli conosciuta come "Crypta Neapolitana", un'enorme galleria che collega Napoli a Fuorigrotta per facilitare il viaggio fino Pozzuoli; un'opera ciclopica scavata interamente nella collina in tufo, alta da un minimo di due metri e ottanta circa nelle zone più basse, ad un massimo di circa 8-9 metri o anche oltre nella parte più alta e all'entrata; la lunghezza era di circa 700 metri e la larghezza di 3,20 metri. I racconti dell'epoca descrivono la grotta come "incombente", c'era chi come Seneca la chiamava la "lunga prigione", un luogo talmente oscuro che non bastavano i sessantaquattro lampioni presenti ad illuminarla. Un luogo asfissiante, tetro e inquietante da intimorire chiunque la percorresse, così polverosa e lunga da non riuscire a vedere l'uscita, e spesso per questo, luogo di diversi incidenti. Si affermava che agli equinozi, il Sole tramontava esattamente di fronte alla grotta e la luce che la attraversava riusciva ad illuminarla fino all'uscita del lato opposto. E' più che probabile che l'unico prodigio che Virgilio non compì fu proprio questo. Probabilmente la colossale opera è da attribuire al remoto popolo dei Cimmeri,un popolo legato anche alla storia della realizzazione dell'Antro della Sibilla cumana, tra l'altro un luogo tanto suggestivo da ispirargli il personaggio della sacerdotessa divinatrice raccontata nell'Eneide. Questo popolo dei Cimmeri descritto da autori classici, primo tra tutti Omero, è legato da sempre al mistero del mondo sotterraneo ed è considerato tra i più antichi abitanti della zona di Cuma e dei Campi Flegrei. Era una stirpe che realizzava opere megalitiche e usava scavare o intagliare immense grotte, di solito con la particolare forma a trapezio. Infatti Cuma deriva dal nome greco dei Kymamineira e poi Kymmeri o Kummeri. Quando molto più tardi arrivarono i Romani, ribattezzarono la grotta "Dicearchia", con il nome di "Puteoli", la città principale dell'area flegrea. Il termine significa "Pozzi" o "Cavità", proprio perché essi scoprirono nel sottosuolo tantissime gallerie, alcune delle quali immense come la Crypta Neapolitana, che si estendevano nel sottosuolo della città e delle aree limitrofe. Quindi anche i greci, primi colonizzatori stranieri di questa terra, quando arrivarono, trovarono già lì queste immense caverne. Il ritrovamento nella Crypta di un tempietto Mitraico dimostra che in seguito la grotta fu scelta e usata per svolgere anche i culti solari dedicati al Mitraismo. Ma resta il mistero di come riusciva Vigilio a compiere questi prodigi tanto da farlo divenire protettore, in che modo aveva appreso le sue arti magiche e divinatorie. Si narra che egli recatosi sul Monte Barbaro insieme al suo allievo Filomeno, scoprì la tomba del centauro Chirone; qui il poeta trovò collocato sotto il capo del defunto un libro. Questo enigmatico libro diede a Virgilio la conoscenza che gli permise di apprendere le Arti Divinatorie, la Negromanzia, la Magia, la Scienza e le Arti Taumaturgiche che gli permisero di aiutare e allo stesso momento di guadagnarsi la stima e l'affetto del popolo napoletano. Quando morì, i suoi resti furono riposti nel sepolcro collocato accanto all'antica Crypta Neapolitana in cima ad un piccolo monte, e il Libro Magico adagiato sotto la sua testa, racchiuso in un cofanetto di rame, similmente come era stato trovato nella tomba del Principe Centauro. Ancora oggi la tomba dalla particolare forma di cono, si può ammirare ed essere visitata su questa collina trasformata in area protetta e attrezzata per i turisti, con il nome di Parco Virgiliano; nei pressi del sepolcro fu applicata la celebre l'epigrafe scritta da Virgilio stesso: "Mantua me genuit, Calabri rapuere, tenet nunc Parthenope, cecini pasqua, rura, duces."… (Mantova mi generò, la Calabria mi rapì, ora mi custodisce Partenope. Cantai i pascoli, le campagne, i duci). Si dice che un tempo esisteva un albero di alloro cresciuto sopra il sepolcro, e che prosperava grazie alle energie magiche del corpo del poeta; questo albero aveva così acquisito le stesse capacità magiche e terapeutiche. La gente che si recava a venerare il mausoleo prendeva dall'albero una foglia la quale masticandola donava energia vitale. Nel XII secolo, durante la dominazione normanna un non identificato medico inglese si recò a Napoli chiedendo al re Ruggiero il Normanno il permesso di aprire il sepolcro di Virgilio per poter prendere il libro e studiare ciò che era dentro conservato. Il re diede il permesso al medico di poter prelevare tutto quello che voleva dato che non tollerava il culto virgiliano, e diede l'ordine alle sue guardie di consegnare tutto al medico, il quale impassibile come chi sapeva già cosa stesse cercando, prelevò lo scrigno di rame sotto il capo di Virgilio dove erano ancora custoditi i Libri Magici e tutte le formule contenute dentro. Quando si seppe della notizia, il popolo insorse furioso in massa e si rivoltò contro questo orribile sacrilegio, scagliandosi urlando contro le guardie del re, ma purtroppo ormai non c'era più rimedio all'avvenuta profanazione, e del misterioso "medico" non se ne seppe più nulla. I napoletani impauriti anche perché tutta la vicenda avrebbe portato sventure alla città, raccolsero le ossa in un sacco e le trasferirono al Castello dell'Ovo deponendole dietro una grata. Tempo dopo però l'infame re diede ordine di murare per sempre quelle ossa per impedire ai cittadini di portare avanti il loro amato culto. Riguardo la sorte del libro si dice che questo sia custodito nelle Biblioteche Vaticane finito nelle mani dell'allora Papa di Roma. Il culto di Virgilio, poeta, oratore, mago e taumaturgo eroe e protettore della città partenopea è arrivato fino ai tempi recenti fortemente radicato nella tradizione napoletana anche attraverso una delle feste più conosciute della città: la Festa di Piedigrotta. Solo da pochi anni non è più in voga, folle di pellegrini si recavano al luogo sacro dove oggi si trova santuario della Madonna di Piedigrotta e la Madonna di Montevergine. Con l'avvento del Cristianesimo non riuscendo a sradicare il culto pagano che resisteva negli anni si decise di inglobarlo nei riti cattolici, come anche la figura di Virgilio e dei suoi prodigi , Virgilio così divenne un profeta cristiano che anticipò nell'Eneide la nascita di Gesù, travisando le parole e i versi scritti in onore dell'imperatore Ottaviano Augusto. La sua fama, mista a quella di mago, lo fece diventare una figura di riferimento in tutto il Medioevo,fino all'apoteosi della Divina Commedia,quando fu scelto da Dante Alighieri come accompagnatore e mentore del poeta fiorentino nel suo viaggio negli inferi.
Antonella Verdolino

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